L’autore

Alessandro M. Campagnoli nasce a Pavia il 29 Luglio 1959. Frequenta il Liceo Scientifico “T. Taramelli” e si laurea presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università degli Studi di Pavia il 1° marzo 1984 discutendo una tesi in Diritto bancario. Lavora dal 1978 e dal 1980 presta impiego in un Istituto di credito. Negli anni ’80 ricopre cariche pubbliche e di partito a Certosa di Pavia, paese nel quale vive fino al 1991, anno in cui si trasferisce a Pavia. Nel settembre 1991 si sposa e dal matrimonio ha due figlie, Lucrezia e Vittoria, alle quali dedica il libro “La Mia Certosa”.Da sempre è appassionato studioso del paese, ma soprattutto del monastero dei Visconti.Alessandro M. Campagnoli nasce a Pavia il 29 Luglio 1959. Frequenta il Liceo Scientifico “T. Taramelli” e si laurea presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università degli Studi di Pavia il 1° marzo 1984 discutendo una tesi in Diritto bancario. Lavora dal 1978 e dal 1980 presta impiego in un Istituto di credito. Negli anni ’80 ricopre cariche pubbliche e di partito a Certosa di Pavia, paese nel quale vive fino al 1991, anno in cui si trasferisce a Pavia. Nel settembre 1991 si sposa e dal matrimonio ha due figlie, Lucrezia e Vittoria, alle quali dedica il libro “La Mia Certosa”.Da sempre è appassionato studioso del paese, ma soprattutto del monastero dei Visconti.

L’autore di fronte al Monumento della Certosa di Pavia


Per ricevere informazioni più dettagliate sul monumento visconteo, potete scrivere direttamente all’autore del libro, inviando una lettera a: ALESSANDRO CAMPAGNOLI Via Malaspina, 2 27100 PAVIA ITALY oppure via e-mail. ale.campagnoli@libero.it

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La prefazione

Molti sono i debiti di riconoscenza che mi legano a maestri e studiosi incontrati nelle circostanze più diverse: non posso ricordarli qui tutti, anche se il magistero di ciascuno è stato più profondo di quanto a prima vista potrebbe apparire. Rivolgo un ringraziamento a padre Sisto Giacomini ed al compianto padre Edoardo Liconti, monaci cistercensi, che hanno contribuito in maniera rilevante alla realizzazione dell’opera con critiche stimolanti e validi suggerimenti, a Mons. Carlo Bordoni, ex direttore del “Il Ticino”, per aver letto il testo; a Mons. Francesco Zanacchi, rettore del Collegio Sant’Agostino di Pavia ed alla Prof.ssa Carmela Arecchi, ex insegnante di letteratura latina ed italiana al Liceo Scientifico “T. Taramelli” di Pavia, per aver scritto le due introduzioni.
Desidero inoltre dedicare questo libro alle mie figlie Lucrezia Irene Maria e Vittoria Luisa Maria. Come è ovvio soltanto a me si devono attribuire le responsabilità per gli errori che certamente si potranno trovare nel volume. Per questo chiedo fin d’ora scusa a chi leggerà le pagine che seguono.
Alessandro M. Campagnoli

La prima Introduzione

Molti, tra cui storici famosi, hanno scritto della Certosa, del suo fondatore, degli artisti che hanno dato il meglio di sé per farne un monumento incomparabile. Alessandro Campagnoli, che ha lavorato con puntiglioso impegno, ha il merito di aver trasfuso nelle sue pagine un’anima che le palpitare, che rende attuali gli avvenimenti descritti e vive le persone ricordate. Sembra cronaca di oggi. Il lettore sente quasi di essere coinvolto in prima persona, di essere in qualche modo attore di quanto gli è presentato.
Con il libro “La mia Certosa” Campagnoli intende, ed il tentativo ci sembra pienamente riuscito, consentire a tutti di accostare e di gustare, con immediatezza, tesori di scienza, di arte, di religione. La Certosa è tale monumento, del resto, che non si finirà mai di scoprire e che non finirà mai di stupire. Chi poi all’ombra della Certosa vive – ed è il caso dell’amico Alessandro Campagnoli – non può non sentirne il fascino misterioso. D’inverno la nebbia le fa da cornice, d’estate il sole l’illumina e l’incendia. E la Certosa è bella così, come è stata pensata e dove è stata voluta. Immersa nella sconfinata distesa dei prati, lambita da acque un tempo limpidissime, rallegrata dall’armonioso canto degli uccelli, incantata nelle notti di luna. Se poi si riesce ad immaginare la vita che per secoli si è vissuta tra le sue mura robuste ed austere, allora l’incanto si fa pensosa commozione. Gian Galeazzo, che l’aveva desiderata, credeva, infatti, che la sua “cappella” sarebbe riuscita un capolavoro tale da rendere celebre nei secoli e nel mondo il nome suo e quello della sua casata.
(Francesco Zanacchi)

La seconda introduzione

Dobbiamo ascoltare con attenzione l’autore del libro per comprendere adeguatamente il significato di questo scritto, il fine che egli cela mentre affettuosamente definisce mia la Certosa vicino alla quale egli è nato ed ha condotto finora la sua esistenza, cui dunque è affezionato come si tratti di una persona. Si coglie infatti un senso di trepidazione affettuosa nel suo scrivere non una guida turistica, che già ce ne sono molte; non una visione romanzata della vita alla Certosa, come avverte il sottotitolo, ma una consapevole ed adeguata indagine di tutto ciò, che dalla nascita del prezioso monumento ad oggi, fu ed è animazione di esso perché non lo si avverta come opera di marmo ma come “secondo i desideri di Gian Galeazzo Visconti, un luogo di raccoglimento e di incontro con la Madonna e con Cristo”. E questa indagine è condotta con serio metodo di studio, con intelligente riferimento delle fonti storiche, con agile linguaggio che facilita il rapporto di qualsiasi lettore con questo scritto.Al tono medio-alto in cui si svolge la narrazione dà vigore l’animo del credente col quale il Campagnoli traccia le sue note senza mai dimenticare che sta parlando di un luogo sacro, di un monumento ricchissimo d’arte, ma anche ed essenzialmente di un luogo nato per il culto, sorto dal desiderio di rendere omaggio alla “Gratiarum Mater”. Né manca in questo scritto la giusta attenzione da porgere alla presenza dei monaci cui è affidata la continuità di vita del Monastero, alla cui opera silenziosa ma costantemente presente e premurosa si deve lo sforzo più grande perché la Certosa non perda il suo intrinseco insieme di valori che vanno dall’arte al culto.Siamo dunque di fronte ad un’opera singolare il cui rigore dell’indagine storica si unisce al piacere di percorrere le mura del monumento, per lasciarsi conquistare dal pregio delle bellezze artistiche che esso ospita, ed all’affetto profondo e discreto con cui il Campagnoli ama la “sua” Certosa.
(Carmela Arecchi)